La nostra vita è come un’ombra sulla terra…
Proprio con queste inquietanti parole prenderà il via il concerto dedicato al ricordo del professor Bruno Businarolo. Un inno alla caducità della vita? All’inesorabile kronos che tutto divora senza lasciar traccia? Forse potrebbe sembrare così, ma l’esperienza quotidiana, fatta di piccole cose, ci ha insegnato quante e quali meraviglie possono nascere al riparo ed al refrigerio di un’ombra, quanti passi avventurosi possono essere fatti se protetti da un’ombra benedetta!

Per Johann Sebastian quest’ombra rassicurante è stata senz’altro una fede profondamente radicata nella vita che ha permeato una mente geniale e feconda. Le composizioni che incontreremo hanno il pregio di vestire di musica sublime e perfetta un testo teologicamente molto denso. Come diceva Lutero Die Noten machen den Text lebendig! (Le note danno vita al testo); il compito principale di questa musica è quello di dare espressione e potenziare l’eloquenza dei testi sacri biblici.

Per tutto il XVII secolo la famiglia Bach ha fornito al nord dell’attuale Germania numerosissimi musicisti di chiesa (organisti, compositori e maestri di cappella). Si parla di oltre 200 musicisti professionisti che hanno operato praticamente in continuità per quasi due secoli. Johann Bach è il fratello del nonno del celebre Johann Sebastian e proprio una sua composizione apre il concerto di questa sera.
Del più noto dei Bach invece vengono eseguite due composizioni per così dire antitetiche: un mottetto ed una cantata. Il gran numero di cantate scritte da Bach che ci sono arrivate (oltre 200!) è dovuto al fatto che negli anni in cui era attivo a Lipsia era obbligato a scriverne una ogni settimana a commento delle letture utilizzate nella liturgia. La cantata veniva eseguita dopo la lettura del Vangelo ed il compositore utilizzava coro, orchestra, solisti ed ogni altro mezzo a disposizione per muovere gli animi dei fedeli verso quanto indicato dalle Scritture. Solo il testo era quindi quasi obbligato e su questo Bach aveva ben poco margine di manovra.

A differenza delle numerosissime cantate, i mottetti di Bach che ci sono arrivati sono invece meno di una decina, tutti di ineguagliabile bellezza. In linea con la tradizione rinascimentale nel mottetto non si utilizzavano strumenti se non quelli direttamente necessari a sostenere, con semplici raddoppi, coro o solisti; viceversa il compositore aveva completa libertà nella scelta dei testi. In generale si può dire che i mottetti di Bach incarnano il desiderio luterano dell’unione con Dio e innestano profondamente l’idea dell’amore divino che dona la sua giustificazione alle vite dei fedeli. Ci parlano in maniera molto diretta poiché affrontano qualcosa che tutti condividiamo con Bach: la nostra mortalità.
Il mottetto Jesu meine Freude è un capolavoro per compattezza e simmetria formale. Due sono gli elementi portanti: le strofe inniche del corale Jesu meine Freude di Johann Franck (la cui melodia con relativo testo era ben nota a chi ascoltava) ed il capitolo 8 della Lettera ai Romani di san Paolo. Il mottetto è diviso in 11 parti e Bach riserva i numeri dispari al corale o ad elaborazioni di questo mentre i numeri pari all’epistola di san Paolo. L’intera composizione è costruita in perfetta simmetria speculare in maniera tale che il n. 1 lo si ritrova simile al n. 11, il n. 2 al n. 10 e così via. Ne risulta che il n.6 si trova al vertice di un ideale piramide e rappresenta il cuore della composizione: Ihr aber seid nicht fleischlich sondern geistlich – voi però non siete della carne ma dello spirito. In altre parole: proprio perché avete la fede siete già in comunione con Cristo, sintetizzando quindi in una sola frase la chiave di volta del pensiero di Lutero.

La cantata BWV 182 Himmelskönig sei willkommen (Re dei Cieli sii benvenuto) è stata scritta da Bach per il 25 marzo 1714 giorno in cui nel calendario liturgico la celebrazione della Domenica delle Palme si sovrapponeva alla festa della Annunciazione di Maria (fortunata coincidenza che si è ripresentata anche quest’anno). I testi utilizzati hanno continuamente una doppia valenza: l’arrivo di Cristo sulla terra (Annunciazione) e l’entrata di Cristo a Gerusalemme (Le Palme) eventi che portano entrambi, in fin dei conti, al medesimo epilogo. Momenti festosi e sereni (il coro iniziale recita con passione: Concedi anche a noi di essere la tua Gerusalemme! Vieni, entra tu che hai preso i nostri cuori) si alternano a riflessioni drammatiche (il tenore solista arriva a cantare Anche se il mondo grida “Crocifiggilo!” fa che io non fugga davanti alla croce…). Da una rapida analisi musicale si nota subito come tutta la cantata sia caratterizzata dal “da capo” vale a dire dalla ripresa del tema iniziale, è un rassicurante tornare in terreni noti dopo aver esplorato paesaggi di sconfinata bellezza o travolgente vertigine.
E questo insistere sulla forma con il “da capo” è anche simbolo del continuo ritorno di Cristo nella vita di ogni cristiano.

L’”ombra” cantata da Johann Bach all’inizio del concerto è ora illuminata da una luce purissima, la vita non è più fugace ed effimera ma coinvolta in un eterno sereno cammino di salvezza. Possa la musica restituirci questa pace e consapevolezza.

Alessandro Kirschner